Un dipendente di Telecom Italia era stato licenziato per aver inviato, da gennaio a ottobre 2000, più di 13 mila sms privati dal cellulare di servizio, ma a distanza di sette anni dall’episodio la Cassazione ha deciso che quel lavoratore non perderà il suo posto di lavoro.
A febbraio del 2002, il Tribunale di Napoli aveva già provveduto ad annullare il licenziamento, e due anni più tardi la Corte d’appello partenopea aveva confermato la decisione.
Telecom Italia aveva così presentato ricorso alla Cassazione che ha bocciato il ricorso, spiegando che "i lavoratori devono essere trattati nello stesso modo. Per "fatti illeciti analoghi" il datore di lavoro non può "irrogare" sanzioni diverse senza specificarne i motivi.
A salvare il dipendente Carlo T. è stata la circostanza che per altri colleghi, colpevoli dello stesso vizio, l'azienda aveva deciso la riduzione dello stipendio oppure la trattenuta sulla busta paga del costo dei messaggini.
Tutti quei messaggini inviati da Carlo T. erano costati oltre 1.500 euro a Telecom.